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Tutto quello che bisogna sapere sull’autovelox “invisibile”

Scout Speed. Da qualche giorno, tra gli automobilisti, non si parla d’altro. È bastata la notizia che dai 32 attualmente utilizzati in Italia si stia per passare a 38 che la psicosi degli “autovelox invisibili” dilagasse, come spesso accade, a macchia d’olio sul web. Eppure, di Scout Speed si parla dal 2012, da quando il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti approvò l’apparecchio prodotto dalla Sintel Italia, la stessa azienda che all’inizio degli anni 2000 aveva lanciato il primo strumento per la rilevazione della velocità in modalità dinamica, il Provida. A preoccupare il popolo degli automobilisti non è tanto lo strumento in sé, quanto il fatto che lo Scout Speed sfugge all’obbligo di presegnalazione introdotto nel 2007 dall’allora ministro Alessandro Bianchi. E, quindi, sarebbe, appunto, “invisibile” (ma la cosa, in realtà, è piuttosto controversa, come vedremo più avanti). Non solo. Si dibatte anche sull’attendibilità di uno strumento che può essere usato, come nella maggior parte dei casi accade, in modalità dinamica, cioè su un’auto di servizio in movimento. Quale attendibilità può avere, ci si chiede, un apparecchio in movimento che rileva un veicolo a sua volta in movimento? Ecco, dunque, tutto quello che c’è da sapere sullo Scout Speed, con la precisazione che lo strumento è stato perfezionato nel corso degli anni (2013, 2014 e 2016) con l’adozione di telecamere più performanti.

Uso in modalità dinamica. Nel 2012, lo Scout Speed fu sottoposto per approvazione al Consiglio superiore dei Lavori Pubblici, il quale ritenne necessario approfondire proprio la “modalità movimento”: in particolare, vennero richieste “ulteriori prove da parte di un laboratorio finalizzate a rilevare istantaneamente, con un efficace sistema di comparazione, anche la velocità del veicolo di controllo, in modo da poter scorporare l’errore di misura derivante dal possibile errato apprezzamento della velocità del veicolo di controllo misurata con il radar, e ad eseguire prove su strada in modo da poter valutare l’accuratezza della misura nelle possibili condizioni reali”. La Sintel fu velocissima, sia nell’eseguire le prove su strada sia nel far eseguire a un laboratorio specializzato i test richiesti dal massimo organo tecnico consultivo del Mit. Tant’è che nel giro di 20 giorni, “considerato che la documentazione trasmessa soddisfa quanto richiesto”, il dispositivo fu approvato anche per la modalità dinamica. Alla faccia di chi dice che in Italia la burocrazia ha tempi lunghi…

Presegnalazione e visibilità. È la questione più controversa. Tutto iniziò nel 2007, quando l’allora ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Alessandro Bianchi introdusse, per decreto-legge, alcune modifiche al Codice della strada. Tra queste, il comma 6 bis dell’articolo 142 sui limiti di velocità: “Le postazioni di controllo sulla rete stradale per il rilevamento della velocità devono essere preventivamente segnalate e ben visibili, ricorrendo all’impiego di cartelli o di dispositivi di segnalazione luminosi, conformemente alle norme stabilite nel regolamento di esecuzione del presente Codice. Le modalità di impiego sono stabilite con decreto del ministro dei Trasporti, di concerto con il ministro dell’Interno”. Nelle more dell’approvazione del decreto-legge, lo stesso ministro Bianchi firmò, il 15 agosto 2007, un decreto ministeriale in cui stabilì che le norme sulla presegnalazione delle apparecchiature “non si applicano per i dispositivi di rilevamento della velocità installati a bordo di veicoli per la misura della velocità in maniera dinamica, ovvero a inseguimento”. Il tutto, dopo aver ricordato che la norma da poco introdotta “si riferisce esclusivamente alle postazioni di controllo per il rilevamento della velocità stazionate lungo la rete stradale, e quindi le disposizioni inerenti non si applicano per i dispositivi di rilevamento mobili destinati a misurare in maniera dinamica la velocità”. Tutto chiaro? Mica tanto. Secondo alcuni (e anche secondo Quattroruote) la norma generale non si riferisce solo alle postazioni che stazionano lungo la rete: non c’è scritto da nessuna parte. E, comunque, un decreto ministeriale non può derogare alla legge. Secondo altri, invece, laddove la norma generale afferma che “le modalità di impiego sono stabilite con decreto ministeriale”, ci si riferisce non solo all’utilizzo delle apparecchiature, ma anche alla segnaletica e, quindi, l’esenzione prevista dal decreto ministeriale sarebbe pienamente legittima. Da notare che anche la cosiddetta direttiva Minniti, dal nome dell’allora ministro dell’Interno che la firmò il 21 luglio 2017, conferma che la norma sulla segnalazione e sulla visibilità delle postazioni di controllo “non si applica per l’utilizzo dei dispositivi di rilevamento della velocità mobili (installati a bordo di veicoli) per la misura della velocità in modalità dinamica, vale a dire in movimento, in coerenza anche con quanto previsto dall’art. 3 del più volte richiamato DM 15 agosto 2007”.

Contestazione immediata della violazione. Come detto, essendo installati a bordo delle auto, gli Scout Speed sono sempre utilizzati con la presenza e sotto il diretto controllo dell’agente di polizia. E consentono, meglio della maggior parte degli apparecchi tradizionali, la contestazione immediata della violazione. Peccato che quasi sempre gli agenti si avvalgano, nella motivazione che giustifica la mancata contestazione immediata, della norma che consente di derogare a questo principio (quando il veicolo è a distanza dal posto di accertamento o non può essere fermato “in tempo utile o nei modi regolamentari”). Anche quando, in realtà, la violazione potrebbe essere tranquillamente contestata sul posto. È l’Italia, bellezza.

Come può essere usato. Come detto, lo Scout Speed è installato a bordo del veicolo. Può operare sia con la pattuglia in movimento sia con l’auto ferma. Rileva la velocità in entrambe le direzioni, fino a tre corsie e fino a una velocità di 270 km/h. In tutto, dunque, sono possibili quattro modalità di utilizzo: pattuglia ferma e veicolo target in allontanamento; pattuglia ferma e veicolo target in avvicinamento; pattuglia in movimento e veicolo target in allontanamento; pattuglia in movimento e veicolo target in avvicinamento.

Come funziona. L’apparecchio, oltre che di radar e telecamera, è dotato di un illuminatore all’infrarosso che ne consente l’utilizzo in qualsiasi condizione ambientale, sia di giorno sia di notte. La velocità è rilevata dal radar utilizzando il cosiddetto effetto Doppler: in pratica, il radar trasmette energia in radiofrequenza a 34,7 GHz, riceve quella riflessa dal veicolo nel “mirino” e invia il risultato della differenza di frequenza al computer. Quest’ultimo è in grado di calcolare la velocità del veicolo in funzione della velocità dell’auto su cui si trova l’apparecchio. Per ogni violazione vengono memorizzate data, ora, posizione Gps, velocità rilevata, limite di velocità e modalità di funzionamento, oltre che il codice di identificazione dell’apparecchio, la targa dell’auto su cui è installato, la denominazione dell’ente accertatore e i nomi degli operatori.

Cosa può fare. Lo Scout Speed ha una capacità di archiviazione di 10 mila fotogrammi (fino a 5 foto per ogni accertamento, quindi non meno di 2 mila violazioni). È dotato di un sistema di riconoscimento ottico della targa che permette, mediante collegamento alle relative banche dati dei ministeri delle Infrastrutture e dell’Interno, di rilevare in tempo reale sia la mancata copertura assicurativa sia la violazione dell’obbligo di revisione, ma anche l’eventuale fermo amministrativo o la presenza del veicolo nella banca dati di quelli rubati.

Taratura annuale. Come tutte le apparecchiature per il controllo della velocità, anche lo Scout Speed dev’essere sottoposto almeno una volta all’anno a verifica di taratura in un laboratorio specializzato e accreditato. Questa informazione deve essere riportata nel verbale di violazione.

Ripresa frontale. Chissà perché in Italia dev’essere garantita la riservatezza degli occupanti del veicolo in caso di accertamento della violazione con un’apparecchiatura ad hoc. Nel caso dello Scout Speed tale clausola è garantita anche nel caso di ripresa frontale in quanto lo strumento opera con un illuminatore IR e con un filtro sulla telecamera che non permette il passaggio di frequenze diverse dalla luce infrarossa e che, quindi, oscura, di fatto, il parabrezza. In ogni caso, se per caso dalle risultanze fotografiche dovessero apparire soggetti non coinvolti nell’accertamento dell’inrazione (per esempio pedoni, ciclisti o motociclisti) il comando di polizia, in caso di accesso agli atti, dovrà provvedere a oscurare le parti di fotogramma coinvolte, diciamo così.